Mercoledì 9 novembre presso il Polo Tecnologico di Navacchio, si è tenuta la seconda edizione del Convegno #Orabasta, dedicato alle Scuole e alle Associazioni Sportive " Sono solo Parole? il potere del Linguaggio nel veicolare discriminazioni e promuovere cambiamento".
Il tema di quest’anno ruota attorno a valenza, ruolo e configurazione del linguaggio, dal terapeutico al dannoso, che può determinare discriminazione, stereotipi di genere, body-shaming, sport, bullismo, diversità. L’ evento, che è perfettamente in sintonia con i valori e i principi della nostra associazione, è stato una grande e proficua occasione di confronto!
L’ intervento della nostra Presidente Maddalena Patrizia Cappelletto sul tema ” IL PESO DELLE PAROLE” ha smosso le coscienze di tutti i presenti, ed è per questo che vogliamo riportarne una sintesi dando l’opportunità a chi non è potuto essere presente di riflettere su quanto sia importante il linguaggio e il giusto uso della parola.
“Le parole pesano, hanno un significato convenzionale che abbiamo dato ad esse, che può mutare tuttavia nel contesto del discorso nel quale sono inserite, e anche quando il loro senso è riconosciuto oggettivamente da tutti, possono essere oggetto di interpretazione diversa, arrivare a chi le ascolta in modo differente o addirittura opposto a quello inteso da chi le ha pronunciate, andare contro l’intenzione oppure, a volte, inconsapevolmente, esprimerla, quella recondita intenzione.
Il nome della nostra Associazione, La vita oltre lo specchio, è il risultato di una volontà di esprimere con le parole in modo gentile ed empatico, senza un esplicito riferimento alle malattie delle quali ci occupiamo, l’obiettivo che ci siamo dati: quello di aiutare le persone, in particolare quelle affette dai disturbi alimentari, quelle per le quali esiste un grave problema di riconoscimento ed accettazione del proprio io, quelle che non percepiscono il proprio corpo come realmente è, e comunque come una parte di sé alla quale voler bene e della quale prendersi cura, ma un mostro deforme e grasso, a trovare o ritrovare il senso della propria vita, andando oltre la ossessione della immagine, della esteriorità, dello specchio.
Queste persone sono le prime a subire pesantemente il peso delle parole, persino quelle non dette, schiacciate da giudizi e pregiudizi violenti, irrise, derise, sminuite, compatite quando va bene, isolate e bullizzate, nella vita vera e sui social, che poi per loro non fa differenza.
Sostituire alla violenza delle parole la voglia di conoscere, di comprendere meglio, di ascoltare. Sostituire alla aggressività verbale la gentilezza del sorriso, senza voltare lo sguardo ma senza giudicare, la sensibilità e la voglia di sintonizzarsi sui tempi dell’ altro per capire se ha voglia di parlare.
Questa è la cosa più difficile, perché la cultura della omologazione e della superficialità sta cancellando la educazione ed il rispetto del dialogo, dell’approfondimento, ma anche della voglia di comprendere e cambiare il proprio sguardo, le proprie parole verso l’altro, verso l’altra .
Bisogna cercare di riscrivere le parole, riscrivendo i silenzi dei quali a volte abbiamo paura.
A volte, anche le parole gentili possono avere un impatto negativo. Chiedere ad una persona malata perché non mangia, cosa le manca, dire ad una persona in sovrappeso che forse dovrebbe smetterla di mangiare tanto, persino dire a chi soffre di anoressia che la si trova in forma può scatenare una tempesta emotiva e il rischio di pericolose emozioni.
Immaginatevi allora cosa può essere per loro sentirsi chiamare scheletri, sentirsi dire che fanno schifo, o per chi è in sovrappeso sentirsi appellare come ciccioni, palle di lardo e così via.
La vergogna nasce dallo sguardo dell’altro su di sé, perché la vergogna è una emozione secondaria che deriva dalla interazione sociale.
Ma la vergogna genera isolamento, acuisce la sensazione insopportabile di disistima e non accettazione, così le ragazze che soffrono di disturbi alimentari si fanno del male, si tagliano, agendo sul proprio corpo con una violenza spaventosa che riflette anche la violenza verbale e lo stigma che subiscono.
L’atto di ferire qualcuno prendendone di mira le imperfezioni è atto di sadismo di chi non è in grado di cogliere la complessità dell’altro.
Sui social questo atto ha conseguenze amplificate, lo ho detto qualche giorno fa in altro evento organizzato dal Comune di Cascina, sulla identità corporea, e sullo stigma.
Bisogna cercare di costruire insieme le risorse per la resilienza, perché è ovvio che non si può tornare indietro, ad un mondo in cui i social non esistevano, le trasmissioni televisive e le comunicazioni erano quasi sempre osservanti delle regole di buona educazione, anche se poi nascondevano dietro il bon ton altrettanta intolleranza e a volte ipocrisia, e allora non si può impedire che i nostri figli e le nostre figlie si ritrovino negli urti della vita, ma si può costruire le risorse, di gentilezza, consapevolezza, empatia, autenticità.”