Abbiamo partecipato con grande entusiasmo alla rassegna “Allo Specchio. Corpo Identità Talenti”, una settimana dedicata alla prevenzione del disagio giovanile e della terza età, organizzata dal Comune di Cascina in collaborazione con associazioni e realtà locali.
La nostra Associazione presente giá dal giorno 4 con uno stand ” Angolo Lilla” per presentare la realtá associativa, mentre Sabato 5 abbiamo avuto l’ occasione di ascoltare l’intervento dal titolo “Lo sguardo sul corpo: identità e stigma” , relatore Dott. Giovanni Gravina.
Vogliamo ringraziare il Comune di Cascina che organizza sempre belle e interessanti iniziative, sensibile alle tematiche a noi molto care. Si, perché la Associazione la vita oltre lo specchio nata a Pisa nel 2014 ,si occupa di disturbi alimentari, anoressia, bulimia, obesità e atri disagi in particolare giovanili.
È ovvio, dunque, che il tema della identità corporea e dello stigma ci riguardi molto da vicino.
Il corpo è la “identità “dell’individuo, è la immagine che lo rappresenta all’esterno, ma è anche l’ involucro che lo fa esistere, perché come scrive l’antropologo Le Breton, senza un corpo l’individuo non esisterebbe.
Ma quando inizia la consapevolezza del proprio corpo, che ci fa piacere o odiare questa nostra carta di identità verso l’esterno, che ci fa sentire ben rappresentati da esso o al contrario non ci fa sentire in sintonia e non lo si riconosce, non lo si accetta, lo si vorrebbe cambiare?
Il bambino dai 3,4 mesi, esplora e scopre il suo corpo, con curiosità m con allegria, gioca, con le manine, si afferra i piedi, e quando, più tardi, vede la sua immagine riflessa allo specchio, si sorprende e le ride come se fosse un altro coetaneo di fronte a lui. La consapevolezza di se stesso e il sentirsi bene, se il piccolo è in buona salute fisica, gli vengono dall’amore, dall’accudimento, dallo sguardo innamorato della propria madre, dei genitori.
È lo sguardo esterno che gli fa capire quando è diverso dagli altri, quando il suo corpo non è “ok”.
Quindi, lo sguardo degli altri può condizionare moltissimo il nostro, e se non siamo persone consapevoli che oltre alla nostra immagine ,che talora non ci piace a prescindere da quello che gli altri ne pensano, o dagli apprezzamenti che riceviamo, c’è molto di più, ci siamo noi con la nostra mente, il nostro carattere, la nostra sensibilità; se non ne siamo consapevoli, possiamo arrivare ad odiarci, a rifiutarci, a isolarci, a stare male.
Siamo una società grassofobica, ma anche piena di contraddizioni, perché si deridono i “ciccioni” ma si esaltano i cibi spazzatura, e al contempo si promuovono talora in modo ossessivo diete “sane” ma non troppo perché eccessivamente restrittive, movimento e sport sani ma non troppo perché spinti fino alla dipendenza e alla ossessione, e poi ci si chiede come mai tante adolescenti possano cadere nella anoressia, che è una malattia psichica, è vero, ed ha molte cause e concause e certamente anche fattori genetici alla base, ma certamente la società, la cultura, l’ambiente “pesano” su di essa, così come sulla bulimia e sulle altre malattie alimentari.
Potremmo parlare dei social e di quante influencer e chat esistano che manifestamente, quando sono gestite da persone a loro volta gravemente malate di disturbo alimentare, o non manifestamente, quando sono condotte da persone apparentemente “normali” ,ma di una normalità fatta di ritocchi, filtri, perfezione, che esaltano la bellezza esteriore, come unica e ultima aspirazione nella vita; potremmo parlare del gioco che ha imperato su una piattaforma social la scorsa estate, il cui titolo più o meno era ”distruggi la cicciona di turno”, e lo svolgimento era di prendere di mira una ragazza o ragazzina sovrappeso, ma credo che il bersaglio potesse essere anche un maschio, apostrofandolo con frasi del tipo fai schifo, palla di grasso, rotoli, perché non ti ammazzi?, e la particolarità era quella del tutti contro uno.
Il nostro ultimo progetto è “Fare futuro”: perché, se tornare indietro non è possibile, esiste però un modo più consapevole, più empatico, più resiliente e inclusivo nel presente che porta alla accettazione di se’ e dell’altro, senza negazione del fatto che siamo fatti anche di corporeità, che dobbiamo imparare ad accettare e a voler bene ,a prenderci cura del nostro corpo, ma che la nostra identità non è solo il corpo,e a prenderci cura ,amando ed accettando e valorizzando la nostra psiche, la nostra mente, la nostra anima.
E a questo futuro, non di malattia, ma di consapevolezza, nel quale sia possibile per i nostri figli e le nostre figlie avere un ruolo attivo, di costruzione del se e dei propri sogni e progetti, attrezzati per non subire passivamente il pregiudizio e lo stigma ma per cercare di abbatterlo, ed esserne comunque al di sopra, noi ci crediamo e continueremo a impegnarci per realizzarlo.