Oggi è la giornata contro i disturbi del comportamento alimentare, e ok, dovrei scrivere qualcosa.
Dovrei scrivere qualcosa? (Il “dover” fare riguardo questo argomento mi sta già un po’ stretto).
Non ne avrei voglia, non ne ho voglia ed avevo deciso di non scrivere un bel niente, però poi vedo vecchie conoscenze che scrivono, postano, si aprono, riguardo al loro vecchio o attuale problema (per la maggior parte delle persone, è un problema che riguarda il passato, anche perché chi avrebbe mai voglia di mettersi lì, impegnarsi ed impegnare del tempo, per denigrare e trasmettere l’odio verso il loro attuale più grande amore? Ma questa è solo una parentesi).
Comunque, leggo cose profonde e toccanti di gente che, subito dopo il “racconto”, rovinano tutto l’impegno messo per scrivere belle frasi e concetti, allegando una o più foto.
E che foto.
Foto di quando stavano male, di quando erano magre fino all’osso, di quando avevano un’espressione spezzata dal dolore.
Ora io penso, se scriviamo ed urliamo l’odio per questa malattia, per questo mostro che ci ha tolto gran parte di noi, che ci ha mangiato l’anima, che senso ha pubblicarne il risultato?
Forse nostalgia?
Forse.esibizionismo?
E dai gente, lo sappiamo tutti quanto era brutto essere malati.
Così come sappiamo bene quanto era bello.
( Si, forse è un messaggio sbagliatissimo, ma che ci vogliamo fare, è la realtà.).
Altrimenti perché pubblicizzare una foto di tale dolore fisico e mentale?
Perché in fondo, stavolta parlo per me, manca sentirsi qualcuno, manca avere quell’etichetta che pochi possono permettersi di avere, perché ci vuole forza, determinazione ed impegno per non mangiare.
A volte invidio me stessa, me stessa di qualche anno fa.
Perché adesso mi sento più debole.
Oggi sono umana, a quel tempo non lo ero, ero disumana in un certo senso. E non è piacevole confondersi nella folla.
Però, al di là di tutto questo, la mia vita di oggi, non la sostituirei con la mia sopravvivenza del passato.
“Tu prova, se quello che c’è fuori non ti piace, torna indietro.”
Mi dicevano e mi sono detta molte volte.
Io ho provato, qualche volta non mi è piaciuto per niente l’esterno della gabbia che mi ero creata, e sono tornata dentro.
Una volta però mi è piaciuto, e parecchio.
E non sono più voluta tornare prigioniera.
Ed oggi mi sento un po’ più libera e, nonostante alti e bassi, non pubblico foto di com’ero, anche perché non le ho.